Al vertice delle tecnologie nel 2024 troveremo applicazioni di intelligenza artificiale, deep learning e machine learning e sensori ed elettrodi collegando il cervello e il pensiero come interfaccia per gestire protesi e praticamente qualsiasi apparecchiatura che adesso non riusciamo neanche a immaginare ma siamo ancora distanti molti anni prima di trovare un prodotto commerciabile dati anche gli ingombranti caschi di sensori, unica alternativa all’impianto.
Tramite applicazioni Deep Learning è possibile leggere e classificare in tempo reale l’attività neuronale di una persona.

Attualmente alla velocità record di 62 parole al minuto la dettatura mentale sbaglia una parola su 4 ma sono solo all’inizio e i dati si aggiornano continuamente attraverso appunto il
Deep Learning e alla concatenazione delle nuove applicazioni AI (Intelligenza Artificiale in Italiano) nel campo multimediale.

Il gruppo guidato da Edward Chang dell’università della UCSF (University of California San Francisco) basa il suo lavoro attuale su una paziente infartuata, già collaboratrice della UCFS, che ha acconsentito a farsi impiantare 253 elettrodi nel cervello con una tecnica affine a quella utilizzata dalla Neuralink di Elon Musk. Esternamente troviamo le porte migliori attualmente disponibili: le ormai omnipresenti USB-C.
Si chiama Invasive Brain Computer Interface perchè l’impianto, se non strettamente necessario, è troppo invasivo per essere applicato su grande scala o in casi in cui i rischi di infezioni superano i benefici.

Inoltre quando uno di questi programmi di ricerca chiude, cosa naturale, i sensori verrebbero rimossi con profondo disagio del paziente che aveva occupato molte ore nel training neurale dei dispositivi relegando perlopiù questi esperimenti a ricercatori o comunque personale medico che viene a trovarsi in difficoltà psicomotorie.

